Requisiti degli studi di FASE III
Per valutare l’efficacia di un trattamento sperimentale è necessario confrontare l’esito (o l’evoluzione) della malattia del gruppo di pazienti che riceve questo trattamento (gruppo di intervento) con quello osservato in un gruppo di controllo, che riceve la terapia normalmente utilizzata per quella patologia. Questo tipo di studio si chiama anche studio controllato. Il gruppo di controllo in uno studio clinico è seguito con la stessa cura del gruppo di intervento. Né i ricercatori, né i pazienti dovrebbero sapere a quale gruppo sia stato assegnato ogni partecipante.
Nel caso in cui non esista alcuna terapia standard per la condizione del tipo di paziente in esame, il gruppo di controllo non riceve alcuna terapia . Molto raramente, e solo per malattie non evolutive, è accettabile che il gruppo di controllo non riceva alcun trattamento anche in situazioni per le quali esiste ed è disponibile una terapia efficace.
I due gruppi di pazienti (il gruppo di intervento e il gruppo di controllo) sono in genere formati a partire da un unico gruppo, utilizzando l’estrazione a sorte. Per questo motivo lo studio si definisce randomizzato dall’inglese random = “a caso”.
Questo metodo, per quanto possa sembrare difficile da accettare e un po’ semplicistico, è l’unico che garantisce la confrontabilità dei due gruppi, evitando che emergano differenze artificiose o false. Anche sul piano etico, come vedremo, il presupposto per la presenza di un gruppo di controllo è che sia indifferente la scelta tra i due trattamenti, per cui è giusto che sia il caso a fare questa scelta: se uno dei due trattamenti fosse preferibile all’altro, sarebbe lo studio controllato ad essere inaccettabile, non la randomizzazione.
Negli studi con gruppo di controllo “in aperto” sia lo sperimentatore sia i pazienti sono a conoscenza dei trattamenti somministrato ai due gruppi di pazienti.
Negli studi in singolo cieco, invece, solo i soggetti inclusi non sono a conoscenza dei trattamenti assegnati mentre il medico sperimentatore ne è a conoscenza.
Negli studi definiti in doppio cieco infine, nè il ricercatore, né il paziente sono a conoscenza del trattamento che sta ricevendo il paziente e i trattamenti sono indistinguibili.
Questo “mascheramento” si ottiene anche con l’utilizzo del placebo (utilizzando nel gruppo di controllo una sostanza inerte confezionata in modo identico a quella utilizzata nel trattamento sperimentale nel gruppo di intervento).
Il doppio cieco ha lo scopo di evitare che il comportamento e le reazioni del paziente, ma anche le valutazioni del ricercatore, siano condizionate dall’informazione sul trattamento ricevuto: sappiamo bene che spesso, quando prendiamo un farmaco, ci sentiamo subito meglio anche quando questo non ha comportato alcun reale effetto (effetto placebo).
Se, per qualsiasi motivo, i medici ritenessero necessario conoscere quale trattamento sta ricevendo un paziente, è possibile saperlo.
Inoltre, per motivi etici, se durante uno studio clinico un trattamento si dimostra chiaramente superiore al trattamento di confronto, il comitato indipendente per la sicurezza che controlla i dati raccomanderà di interrompere lo studio. Il trattamento migliore sarà quindi offerto a tutti i pazienti con la malattia in studio (questo è vero anche per gli studi in aperto).
In molti casi il mascheramento non è possibile per la diversa tossicità dei trattamenti a confronto, o perché i due trattamenti presentano differenze tali nella via di somministrazione o nelle procedure utilizzate (ad esempio intervento chirurgico rispetto a un trattamento medico).
Va comunque enfatizzato che per nessun motivo l’importanza dei risultati della ricerca può essere ritenuta superiore rispetto alla sicurezza del paziente che deve pertanto essere sempre salvaguardata.
Anche se probabilmente le procedure descritte possono apparire piuttosto complesse, devi considerare che in questo modo hai la garanzia che i trattamenti che entrano nella pratica standard sono stati sperimentati rigorosamente e hanno quindi una validità scientifica. La principale differenza con le cosiddette “terapie alternative” è che queste non sono state sottoposte a studi così rigorosi, per cui non possono fornire alcuna garanzia di efficacia e sicurezza e pertanto non possono essere accettate dalla comunità scientifica internazionale.